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Realismo morale. La terza via tra assolutismo e relativismo.

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Messaggio Da Odino Sab Nov 15, 2008 3:27 pm

Nei dibattiti con i credenti un argomento che di solito salta sempre fuori è quello etico.
Quante volte ci siamo sentiti dire: "Senza una morale assoluta su cui basarsi l'etica è relativa".
Oppure quante volte abbiamo sentito il papa sbraitare contro il relativismo.

Di solito si è sempre considerato valido il binomio ateo=relativista.
Questo non è però il mio caso, sono ateo ma non relativista.

Quello che segue è un pezzo tratto dal libro "La fine della fede" di Sam Harris che illustra bene i difetti del relativismo applicato all'etica (quelli dell'assolutismo li conosciamo già tutti) e indica una terza via, che io condivido, in un altro modello etico: il realismo.

Il brano è un po lungo ma ne vale la pena.

la fine della fede, pag. 153-156 ha scritto:II demone del relativismo

Nel capitolo 2 abbiamo visto che, affinché le nostre credenze funzionino in modo logico e, in verità, per poterle definire credenze a tutti gli effetti dobbiamo anche credere che esse rappresentino fedelmente alcuni stati del mondo. Ciò suggerisce che alcuni sistemi di credenze sembreranno più fedeli di altri, nel senso che daranno conto di più dati dell'esperienza e permetteranno di fare previsioni migliori sugli eventi futuri. Eppure molti intellettuali parlano come se qualcosa, durante l'ultimo secolo di pensiero critico in Occidente, avesse collocato più o meno sullo stesso piano tutte le visioni del mondo. Nessuno è mai veramente nel giusto riguardo a ciò che crede: può solo fare riferimento ad una comunità di suoi pari che la pensano come lui. Gli attentati suicidi non sono sbagliati in senso assoluto: questo è ciò che sembra dal punto di vista limitato della cultura occidentale. Aggiungete un pizzico di Thomas Kuhn alla ricetta e chiunque concorderà sul fatto che in realtà non sappiamo mai come sia realmente il mondo, in quanto ogni nuova generazione di scienziati reinventa a proprio piacimento le leggi di natura. Convinzioni di questo tipo, in genere vengono definite "relativismo" e sembrano offrire una giustificazione per non dire mai nulla di troppo critico nei confronti delle credenze altrui. Tuttavia la maggioranza delle forme di relativismo - compreso il relativismo morale, che sembra riscuotere particolare successo - è priva di senso, nonché pericolosa.

In genere è semplice replicare al relativismo, in quanto i relativisti per lo più contraddicono la propria teoria nel momento stesso in cui la enunciano. Prendete il caso del relativismo riferito alla moralità: i suoi sostenitori in genere credono che tutte le pratiche culturali debbano essere rispettate in quanto tali, che coloro che compiono le innumerevoli barbarie che sopravvivono in tutto il pianeta non possano essere giudicati secondo gli standard occidentali, ne che gli uomini del passato possano essere giudicati secondo quelli del presente. Eppure, dietro questo approccio alla moralità si cela una rivendicazione non relativa ma assoluta. Gran parte dei relativisti morali ritiene che la tolleranza della diversità culturale sia migliore, sotto qualche aspetto importante, del fanatismo assoluto.

Tuttavia esiste una versione più complessa di questa linea di pensiero che non e così facile da digerire. Generalmente viene definita "pragmatismo" e il suo portavoce più eloquente è senza dubbio Richard Rorty. Anche se Rorty non è un nome familiare, le sue opere hanno avuto un notevole influsso sul nostro dibattito e offrono molto riparo alle ombre del relativismo. Se speriamo di riuscire, un giorno a raggiungere un consenso planetario in materia di etica - dicendo, per esempio, che lapidare le donne adultere è davvero sbagliato, in assoluto - dobbiamo trovare delle ragioni profonde per respingere il pragmatismo. Così facendo, scopriremo che siamo nella condizione di fare affermazioni forti, a livello interculturale, in merito alla ragionevolezza di vari sistemi di credenze e in merito al bene e al male.

La premessa fondamentale dei pragmatisti è che, per quanti sforzi possiamo compiere, le nostre idee non possono essere valutate sulla base della loro corrispondenza alla realtà in se. Definire "vera" un'affermazione significa semplicemente lodarla per la sua efficacia in qualche ambito di dibattito. Non significa dire qualcosa sulla relazione che ha con l'universo in senso lato. Dal punto di vista del pragmatismo, l'idea che le nostre credenze possano "corrispondere alla realtà" è assurda. Le credenze non sono che strumenti per farsi largo nel mondo. Un martello corrisponde alla realtà? No, si è soltanto dimostrato utile per svolgere alcuni compiti. E così accade - ci viene detto - anche per le "verità" della biologia, della storia e di qualsiasi altro ambito. Per i pragmatisti l'utilità di una credenza supera tutte le altre preoccupazioni, persino la coerenza. Se la domenica volete immergervi nella lettura letterale della Bibbia mentre il lunedì in ufficio pensate che, in materia di fede, sia preferibile l'agnosticismo, non c'è ragione di preoccuparsi per le contraddizioni sulla vostra visione del mondo che ne derivano. In effetti non si tratta di idee incompatibili sulla natura del mondo, ma piuttosto di modi diversi di parlarne, ognuno adatto a una particolare occasione.

Tutto ciò sembra un discorso piuttosto accademico, ma potrebbe essere interessante notare che Sayyid Qutb, il filosofo preferito di Osama Bin Laden, riteneva che il pragmatismo avrebbe portato alla fine della civiltà americana. Pensava che questo - per usare un'espressione di Berman - avrebbe "compromesso la capacità dell'America di respingere i suoi nemici". In questa asserzione può esservi qualcosa di vero. Il pragmatismo, quando le civiltà si scontrano non si dimostra particolarmente pragmatico. Perdere la convinzione di essere davvero nel giusto su un argomento qualsiasi sembra la ricetta perfetta per il caos apocalittico immaginato da Yeats: "i migliori mancano di qualsiasi convinzione, i peggiori sono pieni di appassionata intensità". Credo che relativismo e pragmatismo abbiano già fatto molto per confondere i nostri pensieri su una pluralità di altre questioni, molte delle quali hanno una rilevanza tutt'altro che passeggera per la sopravvivenza della civiltà.

In termini filosofici, il pragmatismo può essere opposto al realismo. Per i realisti le nostre affermazioni sul mondo sono "vere" o "false" non in virtù del modo in cui si relazionano all'accozzaglia delle altre nostre credenze, o in riferimento a criteri inerenti alla realtà culturale, ma perché la realtà è semplicemente fatta in un certo modo, indipendentemente dai nostri pensieri. I realisti pensano che alcune verità sul mondo siano in grado di trascendere la nostra possibilità di conoscerle. Esistono dei fatti oggettivi, anche nel caso in cui non riusciamo a rendercene conto. Essere realisti etici significa credere che nell'etica come nella fisica, ci siano verità che aspettano di essere rivelate rispetto alle quali possiamo avere credenze corrette o meno.

Secondo i pragmatisti come Rorty, il realismo è destinato a fallire poiché non c'è modo di paragonare la nostra descrizione della realtà con una parte di realtà non ancora descritta. Come sostiene Jurgen Habermas, "dal momento che la verità delle nostre credenze e delle nostre affermazioni può a sua volta essere giustificata soltanto dalla verità di altre credenze e affermazioni, non possiamo liberarci dal 'cerchio magico' del nostro linguaggio". Si tratta di una tesi intelligente. Ma e vera? Il fatto che il linguaggio sia il mezzo di comunicazione col quale viene rappresentata e comunicata la nostra conoscenza non dice assolutamente nulla sulle possibilità della conoscenza non mediata in se. I1 fatto che nessuna esperienza quando se ne parla, possa sfuggire alla mediazione da parte del linguaggio (questa e una tautologia) non significa che la cognizione nel suo complesso, e quindi tutta la conoscenza, sia di tipo interpretativo. Se fosse possibile conoscere perfettamente una qualsiasi sfaccettatura della realtà - se certi mistici~ per esempio, avessero ragione a pensare di aver goduto della conoscenza diretta di verità trascendentali - allora il pragmatismo sarebbe completamente nell'errore, dal punto di vista realistico. I1 problema dei pragmatisti non è il fatto che quei mistici possano verosimilmente essere nel giusto, ma che abbiano ragione o torto sul piano della realtà.
Opponendosi all'idea che possiamo conoscere direttamente la realtà, il pragmatista fa un'affermazione implicita e realistica sui limiti della comprensione umana. I1 pragmatismo equivale a negare realisticamente la possibilità del realismo. Così, come i relativisti, i pragmatisti sembrano giungere a una contraddizione ancor prima di essersi allacciati le scarpe.

Relativisti e pragmatisti credono che la verità sia legata esclusivamente al consenso. Penso sia chiaro, tuttavia, che, anche se il consenso tra persone che pensano in modo analogo può essere arbitro finale della verità, non può essere l'elemento costitutivo della verità stessa. È concepibile che si possa al tempo stesso concordare ed essere in disaccordo su una data visione del mondo, come anche che un singolo individuo possa aver ragione pur scontrandosi con un'opposizione unanime. Dal punto di vista di un realista, è possibile
-sebbene improbabile- che un singolo individuo (o una singola cultura) detenga il monopolio della verità.
Sembra, quindi, che nulla vieti di presumere che le nostre credenze sul mondo possano corrispondere, in misura minore o maggiore, alla reale essenza del mondo. E questo a prescindere dal fatto che ci troviamo o meno nella condizione di poter verificare in modo definitivo una simile corrispondenza.
Dire che non saremo mai d'accordo su tutte le questioni etiche equivale a dire che non concorderemo mai su tutte le questioni della fisica. In nessuno dei due casi l'indeterminatezza della nostra indagine implica che non vi siano fatti reali da conoscere, o che alcune delle risposte di cui siamo in possesso non siano veramente migliori di alcune altre. I1 rispetto della diversità delle nostre idee etiche sarà, nell'ipotesi migliore, un punto in sospeso, finché non saranno coinvolti più dati di fatto.

Io lo ritengo un brano illuminante.
Naturalmente sono sempre ben accette le vostre opinioni.

saluti
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Messaggio Da davide Sab Nov 15, 2008 9:02 pm

Onestamente non ho letto il brano che hai citato, perchè ora non ho tempo. Quindi magari finirò per ripetere qualcosa che tu hai già postato, ed in tal caso ti porgo fin d'ora le mie scuse. Fatto questo cappellozzo iniziale, io invece andrei a monte del discorso.
Con quale autorità la chiesa si mette a parlare di etica? Etica e morale assoluta, per di più? Nella bibbia, il suo testo fondamentale, ci sono dei passi in cui il loro dio è peggio di hitler, ed altri in cui si predica il "porgere l'altra guancia". Ancora, se la loro etica discende dai dettami di dio, detentore della conoscenza assoluta, della Verità e, quindi, anche della morale, come mai invece la sua stessa moralità è costretta a mutare col mutare dei tempi? Perchè evidentemente non discende da dio, che non esiste, ed è appunto dettata dalla società in cui anche la chiesa si inserisce.
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Messaggio Da Odino Sab Nov 15, 2008 9:17 pm

Nel mio post precedente più che attaccare l'assolutismo riportavo una serie di critiche di Sam Harris al relativismo.
Per il resto hai perfettamente ragione.
Infatti le tue critiche all'assolutismo sono anche alcune delle critiche che usa Dawkins nel suo libro "L'illusione di Dio".

saluti
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Messaggio Da davide Dom Nov 16, 2008 2:18 am

Odino ha scritto:Nel mio post precedente più che attaccare l'assolutismo riportavo una serie di critiche di Sam Harris al relativismo.
Per il resto hai perfettamente ragione.
Infatti le tue critiche all'assolutismo sono anche alcune delle critiche che usa Dawkins nel suo libro "L'illusione di Dio".

saluti
Luigi
Come tanti altri qui dentro, anch'io ho letto il libro di Dawkins che hai citato. Tuttavia questo genere di dubbi mi si era insinuato nella mente prima di leggere la sua opera. Niente di trascendentale, ovvio: sono obiezioni che qualunque persona dotata di buon senso può sollevare non appena si ferma a riflettere.
Riguardo al relativismo... beh, è vero che tutto è relativo, ma non possiamo pensare che una "cultura" che porta a lapidare delle persone debba essere tutelata e protetta solo perchè diversa, IMHO.


Ultima modifica di davide il Dom Nov 16, 2008 2:24 pm - modificato 1 volta.
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Messaggio Da DF1989 Dom Nov 16, 2008 1:57 pm

davide ha scritto:Riguardo al relativismo... beh, è vero che tutto è relativo, ma non possiamo pensare che una "cultura" che porta a lapidare delle persone debba essere tutelata e protetta solo perchè diversa, IMHO.

Assolutamente d'accordo. Io mi definisco un relativista, ma non nel senso che qualunque cultura debba essere difesa e tutelata solo in quanto diversa. Il mio essere relativista significa ritenere che non esistano principi e/o valori assoluti imposti dall'alto (per esempio da un essere soprannaturale). Per esempio, il fatto che sia diffusamente riconosciuto che uccidere è sbagliato non costituisce un qualcosa di assoluto. Semplicemente, l'evoluzione della cultura ha fatto sì che questo principio venisse riconosciuto come eticamente valido. Si tratta di qualcosa di relativo (in questo senso, mi definisco relativista) all'evoluzione culturale dell'uomo. Il fatto che l'uomo sia un animale sociale non può che portare a questo risultato, poiché una società in cui uccidere è moralmente giusto è meno coesa e forte di una in cui uccidere è sbagliato. Si tratta di una questione puramente pratica, pragmatica. In sostanza, dal mio punto di vista certi valori, che vengono definiti assoluti, sono in realtà stati semplicemente assolutizzati.
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Messaggio Da davide Dom Nov 16, 2008 2:27 pm

DF1989 ha scritto:
Assolutamente d'accordo. Io mi definisco un relativista, ma non nel senso che qualunque cultura debba essere difesa e tutelata solo in quanto diversa. Il mio essere relativista significa ritenere che non esistano principi e/o valori assoluti imposti dall'alto (per esempio da un essere soprannaturale). Per esempio, il fatto che sia diffusamente riconosciuto che uccidere è sbagliato non costituisce un qualcosa di assoluto. Semplicemente, l'evoluzione della cultura ha fatto sì che questo principio venisse riconosciuto come eticamente valido. Si tratta di qualcosa di relativo (in questo senso, mi definisco relativista) all'evoluzione culturale dell'uomo. Il fatto che l'uomo sia un animale sociale non può che portare a questo risultato, poiché una società in cui uccidere è moralmente giusto è meno coesa e forte di una in cui uccidere è sbagliato. Si tratta di una questione puramente pratica, pragmatica. In sostanza, dal mio punto di vista certi valori, che vengono definiti assoluti, sono in realtà stati semplicemente assolutizzati.
Perfettamente d'accordo con te. Lo stesso discorso deve infatti essere applicato al furto e così via.
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Messaggio Da Odino Dom Nov 16, 2008 2:33 pm

DF1989 ha scritto:
davide ha scritto:Riguardo al relativismo... beh, è vero che tutto è relativo, ma non possiamo pensare che una "cultura" che porta a lapidare delle persone debba essere tutelata e protetta solo perchè diversa, IMHO.

Assolutamente d'accordo. Io mi definisco un relativista, ma non nel senso che qualunque cultura debba essere difesa e tutelata solo in quanto diversa. Il mio essere relativista significa ritenere che non esistano principi e/o valori assoluti imposti dall'alto (per esempio da un essere soprannaturale). Per esempio, il fatto che sia diffusamente riconosciuto che uccidere è sbagliato non costituisce un qualcosa di assoluto. Semplicemente, l'evoluzione della cultura ha fatto sì che questo principio venisse riconosciuto come eticamente valido. Si tratta di qualcosa di relativo (in questo senso, mi definisco relativista) all'evoluzione culturale dell'uomo. Il fatto che l'uomo sia un animale sociale non può che portare a questo risultato, poiché una società in cui uccidere è moralmente giusto è meno coesa e forte di una in cui uccidere è sbagliato. Si tratta di una questione puramente pratica, pragmatica. In sostanza, dal mio punto di vista certi valori, che vengono definiti assoluti, sono in realtà stati semplicemente assolutizzati.

Si alla fine la pensiamo allo stesso modo. Ci mancherebbe altro che uno non condanni le lapidazioni.
C'è però il fatto che se si è relativisti dal punto di vista logico mancano gli appigli per condannare una cultura che preveda la lapidazione.

dal DeMauro:
re|la|ti|vì|smo
s.m.
1 TS filos., ogni concezione filosofica che considera la realtà non conoscibile in se stessa ma soltanto in relazione alle particolari condizioni in cui i suoi fenomeni vengono osservati, e non ammette perciò verità assolute nel campo della conoscenza o principi immutabili in sede morale.

Se si ci dichiara relativisti non si può dire "lapidare gli adulteri è sbagliato eticamente" perché così si formula una verità etica assoluta ed il relativismo rifiuta gli assolutismi. È per questo che mi definisco realista etico e non assolutista o relativista.
Più che altro è una questione semantica, alla fine la pensiamo tutti allo stesso modo.

saluti
Luigi
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Messaggio Da davide Dom Nov 16, 2008 2:40 pm

Odino ha scritto:
Si alla fine la pensiamo allo stesso modo. Ci mancherebbe altro che uno non condanni le lapidazioni.
C'è però il fatto che se si è relativisti dal punto di vista logico mancano gli appigli per condannare una cultura che preveda la lapidazione.

dal DeMauro:
re|la|ti|vì|smo
s.m.
1 TS filos., ogni concezione filosofica che considera la realtà non conoscibile in se stessa ma soltanto in relazione alle particolari condizioni in cui i suoi fenomeni vengono osservati, e non ammette perciò verità assolute nel campo della conoscenza o principi immutabili in sede morale.

Se si ci dichiara relativisti non si può dire "lapidare gli adulteri è sbagliato eticamente" perché così si formula una verità etica assoluta ed il relativismo rifiuta gli assolutismi. È per questo che mi definisco realista etico e non assolutista o relativista.
Più che altro è una questione semantica, alla fine la pensiamo tutti allo stesso modo.

saluti
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Insomma è una questione di seghe mentali, più che altro Laughing Laughing Laughing
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Messaggio Da *Valerio* Lun Nov 17, 2008 12:15 am

Io penso che il relativismo,non sia la filosofia del "tutto e' lecito" come i piu' dei detrattori la vogliano far sembrare,nello stesso tempo e' innegabile che questa posizione filosofica possa essere attaccata su diversi punti.
Se una societa' e' aperta al relativismo e' decisamente piu' incline a modificarsi eticamente e moralmente,questa e' una conseguenza che avviene spontaneamente per effetto dell'evoluzione veloce delle idee,dei concetti...Mi spiego:
Qualcuno di voi ha sottolineato come l'omicidio o il furto siano principi etici ai quali la granparte della societa' e' concorde nel giudicare eticamente sbagliati;questo e' un valore che e' comune ad atei e credenti (parlo generalizzando... nel mondo occidentale) e che quindi credo vada al di la' del relativismo,essendo condiviso dai piu' svariati modi di pensare.

Odino ha scritto:Se si ci dichiara relativisti non si può dire "lapidare gli adulteri è sbagliato eticamente" perché così si formula una verità etica assoluta ed il relativismo rifiuta gli assolutismi. È per questo che mi definisco realista etico e non assolutista o relativista.

Io tendo ad essere prospettivista,ma credo o voglio credere che anche un relativista ritenga che la lapidazione di un'adulterA sia una pratica disumana,in primis perche' la condanna a morte e' appunto un elemento che fa parte di quelle societa' che fanno del loro assolutismo morale politico e religioso la regola di vita un po' come e' in uso nelle teocrazie o nei gruppi tribali.


Odino ha scritto:
Essere realisti etici significa credere che nell'etica come nella fisica, ci siano verità che aspettano di essere rivelate rispetto alle quali possiamo avere credenze corrette o meno.

Io penso che nel campo dell'etica non si arrivera' mai ad una verita' chiamiamola "assoluta" o condivisibile, non per una incapacita' dell'uomo di produrla,ma piuttosto per ragioni storiche e culturali che fanno del mondo un enorme serbatoio di idee,visioni,politiche e religioni cosi' diverse tra loro; piu' fiducioso sono invecie per la fisica,la quale al contrario riesce a volte a farsi ritrovare in una teoria tutti d'accordo.

Aldila' di cio', che e' stato da me espresso in modo molto sintetico e riduttivo mi ritrovo sostanzialmente in accordo con voi.
Ciao
*Valerio*
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Messaggio Da Libero Lun Nov 17, 2008 9:09 pm

Cercherò di spiegarmi brevemente sperando di riuscirci bene.

Mi piace l' idea del realismo morale e la condivido. E condanno anchio chi prende il relativismo come filosofia. Il relativismo non è un qualcosa a cui aderire è una realtà. E' qualcosa di cui rendersi consapevoli, una strada che porta al rispetto reciproco ma non alla mancanza di confronto fra culture diverse. Ovvio che ci deve essere l' idea originale alla base del confronto di tirare fuori alla fine una ed una sola ideologia.

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